• 16 Marzo 2017

Progetto promosso dal CNS vince il contest mondiale Lab2Moon per portare un esperimento sulla Luna

Progetto promosso dal CNS vince il contest mondiale Lab2Moon per portare un esperimento sulla Luna

Progetto promosso dal CNS vince il contest mondiale Lab2Moon per portare un esperimento sulla Luna 960 720 Center for Near Space

Sono tre giovanissimi studenti napoletani i vincitori del contest mondiale Lab2Moon che darà al loro esperimento scientifico la possibilità di andare sulla Luna. Mattia Barbarossa (15 anni, del Liceo scientifico Pasquale Villari di Napoli), Altea Nemolato (18 anni, dell’ITIS-LS Francesco Giordani di Caserta) e Dario Pisanti (22 anni, laureando in Ingegneria aerospaziale all’Università di Napoli Federico II), riuniti nel Team Space4Life, hanno proposto un esperimento battezzato “Radio-Shield” per valutare la capacità di assorbimento delle radiazioni spaziali (estremamente rischiose per gli organismi viventi) da parte dei cianobatteri.

L'esperimento Radio Shield in fase di validazione a Bangalore.

L’esperimento Radio Shield in fase di validazione a Bangalore.

Il loro esperimento era uno degli oltre 3000 progetti presentati per il contest indetto dal Team Indus, la compagnia aerospaziale indiana con sede a Bangalore in corsa per vincere il Google Lunar X Prize, 20 milioni di dollari messi a disposizione da Google attraverso la X Prize Foundation per la prima compagnia privata che sarà in grado di far atterrare con successo un rover sulla Luna, guidarlo per 500 metri ed inviare a terra foto di alta qualità. Il Team Indus ha completato lo sviluppo del rover, che sarà lanciato il 30 dicembre a bordo del razzo PSLV-XL dell’Indian Space Research Organization (ISRO), che porterà a bordo l’esperimento scientifico di Mattia, Altea e Dario.

Dopo una durissima selezione, alla fine dello scorso anno il loro progetto era rientrato nella short-list dei 25 finalisti; poi, a inizio marzo, la notizia di essere rientrati nell’ultimissima fase, con 15 team selezionati per volare a Bangalore e sottoporre il loro esperimento alle verifiche di una severissima giuria internazionale presieduta dall’ex presidente dell’Agenzia spaziale indiana ISRO, Krishnaswamy Kasturirangan, e dall’ex presidente dell’Agenzia spaziale francese CNES e del Consiglio dell’Agenzia spaziale europea ESA, Alain Bensoussan, e composta da esperti di tutto il mondo.

Una colonia di cianobatteri impiegata nell'esperimento.

Una colonia di cianobatteri impiegata nell’esperimento.

L’esperimento proposto da Space4Life consiste in un contenitore delle dimensioni di una lattina di Coca-cola all’interno del quale sarà inserita una colonia di cianobatteri (nello specifico, Synechococcus sp.), noti per le loro capacità fotosintetiche (si ritiene che proprio i cianobatteri, in epoche remote, abbiano prodotto l’ossigeno che ha reso l’atmosfera terrestre respirabile per le attuali specie viventi). “Il nostro obiettivo è di risolvere il problema della radiazione spaziale, uno dei principali problemi per il futuro dell’esplorazione e dell’espansione umana nello spazio profondo”, spiega Altea Nemolato, che nel team è l’esperta di biologia e genetica. “Con i cianobatteri, possiamo proteggerci da alti livelli di esposizione da radiazioni”, come quelli che si riscontrano sulla Luna e nello spazio interplanetario. Secondo Dario Pisanti, che studia ingegneria aerospaziale all’Università di Napoli Federico II, i cianobatteri “possiedono una capacità di protezione dalle radiazioni superiore al piombo”, e rispetto al piombo una colonia di cianobatteri è “molto più leggera, economica ed ecologica”. Mattia Barbarossa, il più giovane del gruppo e ideatore dell’esperimento, ritiene possibile che uno “scudo” costituito da strati di colonie di cianobatteri potrebbe in futuro “ricoprire lo scafo dell’astronave che porterà i primi astronauti su Marte, o di una stazione abitata nello spazio cis-lunare”, quindi ben al di fuori della protezione dello scudo magnetico terrestre (all’interno del quale si trova invece l’attuale Stazione Spaziale Internazionale).

Ora il team Space4Life, rientrato in Italia dopo l’intensissima tre giorni a Bangalore (“ancora non ci credo”, il telegrafico commento di Mattia su Facebook), dovrà lavorare a stretto contatto con l’India per far sì che tutto fili liscio e ottenere il disco verde delle autorità per imbarcare sul volo di sola andata per la Luna il primo esperimento italiano nella storia che potrebbe atterrare sulla superficie del nostro satellite. Mattia, Altea e Dario sono anche i più giovani principal investigators di una missione spaziale in assoluto: mai nessuno più giovane di loro da quando lo Sputnik, nel 1957, ha aperto l’Era Spaziale, ha visto un proprio esperimento andare tra le stelle.

Riunione a settembre del comitato direttivo del Center for Near Space con Mattia Barbarossa (a destra).

Riunione a settembre del comitato direttivo del Center for Near Space con Mattia Barbarossa (a destra).

Diversamente da molti altri team internazionali, Space4Life non era supportato né da agenzie spaziali né da istituzioni o compagnie aerospaziali private. Mattia, Altea e Dario hanno ideato e sviluppato l’esperimento in autonomia, trovando successivamente il sostegno del Center for Near Space (CNS), centro di competenza spaziale dell’Italian Institute for the Future, con sede a Napoli, che a partire dall’agosto 2016 ha promosso il progetto nell’ambito del proprio programma EduSpace volto a diffondere in Italia la vision del futuro umano nello Spazio. Il direttore del CNS, Gennaro Russo, ha coinvolto nella fase finale del progetto alcuni specialisti, in particolare il prof. Raffaele Savino, docente di Fluidodinamica al Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università Federico II, membro del CNS, e l’ing. Raimondo Fortezza di Telespazio (ex MARS Center). Sempre nell’ambito del programma EduSpace del CNS era stato sostenuto un secondo progetto giunto finalista a Bangalore, “Lunar Breath”, proposto dagli studenti napoletani di ingegneria aerospaziale Francesco Perrelli e Daniele Del Guardio e da Chloé Pochard, studentessa all’Università di Strasburgo.

Il team Space4Life è già al lavoro per applicare la propria idea a un progetto di stazione spaziale del futuro che il CNS sta sviluppando nell’ambito del proprio programma OrbiTecture in collaborazione con lo Studio Pica Ciamarra Associati, e che sarà presentato al pubblico nei prossimi mesi.

Riunione del gruppo EduSpace del Center for Near Space. In primo piano Dario Pisanti, Mattia Barbarossa, Raffaele Savino e Gennaro Russo.

Riunione del gruppo EduSpace del Center for Near Space. In primo piano Dario Pisanti, Mattia Barbarossa, Raffaele Savino e Gennaro Russo.

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