Sono trascorsi sessant’anni da quel fatidico 25 marzo 1957, quando i Capi di Governo di Belgio, Francia, Germania, Italia, Olanda e Lussemburgo apposero la firma sui Trattati di Roma, dando vita alla Comunità Economica Europea e avviando un lungo percorso di integrazione economica e politica che avrebbe portato alla nascita dell’Unione europea con la firma dei Trattati di Maastricht nel 1992. In occasione del sessantesimo anniversario della firma dei Trattati di Roma, atto ufficiale di avvio del processo d’integrazione europea, il Center for the Future of Europa ha avviato un progetto di ricerca per riflettere sullo stato dell’Unione europea e guardare al futuro di tale progetto alla luce delle opportunità e delle sfide del nostro tempo, in termini di sicurezza e benessere dei cittadini europei.
I principali successi della costruzione europea – come pace e democrazia, mercato unico e cooperazione economica, elevati livelli di sviluppo tecnologico e innovazione, istruzione, tutela dei diritti umani e corretto funzionamento del modello sociale, libertà di circolazione, etc. – hanno trasformato l’Europa in uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Nonostante questi straordinari risultati, il sessantesimo anniversario dei Trattati di Roma offre un’occasione di riflessione e di preoccupazione, non solo di celebrazione, anche per i più ferventi sostenitori del progetto europeista. L’ultimo decennio infatti si è rivelato un periodo particolarmente difficile e turbolento, di crescita economica molto debole, a causa della crisi finanziaria globale che ha scatenato, a sua volta, la crisi del debito sovrano, e di fragilità politica, nel momento in cui sono state messe in dubbio la reputazione, le conquiste e la capacità di agire dell’Europa unita e sono emerse divergenze interne sempre più difficili da ricomporre. Il referendum del giugno 2016, che ha sancito l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea, è la più evidente manifestazione dei dubbi che avvolgono il destino dell’Europa a 28. Ed è così che crisi economica, alta disoccupazione, esclusione sociale e malcontento, cui si aggiungono l’emergenza umanitaria dei profughi, Brexit e terrorismo, hanno generato una crisi di fiducia nei confronti delle Istituzioni europee da parte dei cittadini, hanno condotto ad un’accettazione passiva delle tesi populiste e messo in dubbio i valori fondamentali della democrazia liberale e le conquiste moderne.
Il futuro del Vecchio Continente appare, dunque, costellato di difficoltà non solo economiche, ma anche sociali e politiche e, dopo sessanta anni di prosperità, i prossimi decenni si prospettano piuttosto impegnativi spingendo a riflettere sulla direzione che l’Unione potrebbe intraprendere rispetto alle minacce citate. E se è vero che le sfide che si prospettano non accennano a diminuire, la celebre frase di Robert Schuman (9 maggio 1950) «L’Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costituita tutta insieme. Essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto», riletta oggi alla luce delle attuali prospettive di sviluppo del processo d’integrazione europea, sembra suggerire un necessario, progressivo e complessivo ripensamento, un cambiamento cui è chiamata a conformarsi l’Unione europea per non rinunciare a se stessa, adattarsi alle trasformazioni che l’attraversano e costruire un’alternativa positiva in grado di riscrivere il futuro comune.
Il tema prescelto sarà così declinato intorno ad alcuni nodi basilari attraverso cui passa l’avvenire stesso dell’Unione Europea, a partire dall’analisi delle questioni sulle quali è incentrato il Libro Bianco sul Futuro dell’Europa. Riflessioni e scenari per l’UE a 27 verso il 2025 che definisce in particolare cinque scenari, a seconda delle scelte che si deciderà di compiere, inerenti ad alcuni percorsi percorribili per la possibile evoluzione della costruzione europea da qui al 2025, spaziando dall’impatto delle nuove tecnologie sulla società e sull’occupazione ai dubbi circa la globalizzazione, le preoccupazioni per la sicurezza e l’ascesa del populismo, del nazionalismo e della xenofobia all’interno dei confini degli Stati
membri. Le possibilità contemplate variano dallo status quo ad un cambiamento del raggio d’azione e delle priorità fino a un balzo parziale o collettivo in avanti. Ogni scenario intende stimolare la riflessione e presuppone come punto di partenza che i 27 Stati membri procedano insieme nel loro cammino come Unione.
La discussione che ne emerge è l’occasione per riflettere sul ruolo che l’Unione e stessa è chiamata a svolgere in un mondo sempre più multipolare e, trovandosi davanti ad un crocevia – come spesso è avvenuto nel corso della sua storia – sulla necessità di darsi nuovo assetto e forma e diventare un’Europa unita più sicura, prospera e sostenibile, più giusta e solidale nonché più forte sulla scena mondiale, al fine di rilanciare il sogno europeo e scongiurarne la sua fine.