Nella prima edizione totalmente online dell’ormai tradizionale appuntamento mondiale della NASA Space Apps Challenge sono tre le squadre di giovani studenti che si aggiudicano il premio “Il futuro prossimo possibile” messo in palio dal Center for Near Space dell’Italian Institute for the Future in ognuna delle città dove ha contribuito all’organizzazione grazie agli sponsor LeadTech, T4i e Trans-Tech: Orbiting Builders a Napoli, Space Bonds a Roma e Space Assemblers a Torino. A ciascuna squadra è stato assegnato il premio di 400 euro.
Il team Orbiting Builders di Napoli, composto da Pietro Di Sarno e Michele Nigro, ha presentato il progetto “Persephone Program” per creare un’autonoma “fabbrica spaziale” in cui la maggior parte dei componenti dei veicoli e delle infrastrutture spaziali del futuro sarà completamente realizzata e assemblata nello spazio. Il progetto ha preso in considerazione le principali tecnologie di additive manufacturing, bracci meccanici e robotici oggi esistenti, ipotizzando di usare come materie prime il materiale proveniente da satelliti dismessi e rifiuti prodotti sulla stazione spaziale e in altre infrastrutture orbitali del prossimo futuro, creando una sorta di “economia circolare” nello spazio. In tal modo sarà possibile risolvere i problemi legati agli alti costi di lancio da terra, ai rifiuti spaziali in orbita, all’inquinamento prodotto dalla fabbricazione sulla Terra, favorendo il processo di espansione sostenibile dell’umanità nello spazio.
Il team Space Bonds di Roma, composto da Andrea Arioli, Fiammetta Artioli, Lucia Bianchi, Lorenzo Boaretto e Riccardo Rambaldi, ha presentato il progetto “HexMB – Hexagolan Magnetic Bond”, proponendo un innovativo meccanismo per semplificare l’assemblaggio di componenti nello spazio, in grado di sostituire gli attuali bracci robotici e utilizzabile per qualsiasi tipo di missione, attraverso magneti da inserire in ogni componente da assembleare. I magneti HexMB si attivano nel momento in cui due componenti sono posti a distanza ravvicinata, allineando i pezzi e assemblandoli con una chiusura meccanica automatica. La tecnologia potrebbe essere usata per l’assemblaggio di telescopi spaziali, moduli orbitanti e stazioni spaziali nello spazio profondo. Il team intende proseguire il lavoro investigando le proprietà di diverse tipologie di materiali per ottimizzare la dimensione degli HexMB e provare a renderli implementabili anche su Cubesat. Il team è risultato anche primo assoluto nella competizione romana.
Il team Space Assemblers di Torino, composto da Silvia Molinini, Lorenzo Pavone e Davide Pederbelli, ha presentato il progetto “T.O.A.S2.T. – Tinned Origami Architecture for Space Smart Tending”, che prevede un’infrastruttura auto-dispiegabile nello spazio a forma di sandwich, in grado di trasformarsi in una piattaforma per eseguire tutte le principali attività di produzione e logistica spaziale. La piattaforma, alimentata da pannelli a energia solare “a origami”, può installare a bordo bracci robotici per la produzione in situ e per il docking di veicoli spaziali, nonché connettersi a moduli gonfiabili per ospitale astronauti e attività extra-veicolari. L’innovazione è nell’impiego di giunti adesivi che consentono di ridurre la complessità delle connessioni meccaniche e rendere la piattaforma facilmente ripiegabile, per essere lanciata in orbita senza occupare troppo spazio. Il team è risultato anche secondo assoluto nella competizione torinese.
I tre progetti sono stati selezionati dalle giurie locali a cui hanno partecipato per il Center for Near Space Giuseppe Cornacchia, Giancarlo Genta, Piero Messidoro, Veronica Moronese, Fabio Paudice e Claudio Voto. I vincitori hanno interpretato al meglio e dimostrato coerenza con la vision del CNS incentrata sullo scenario “La Città Cis-Lunare”, un insediamento permanente di circa 1000 persone in una dozzina di quartieri tra orbite terrestri, punti lagrangiani del sistema terra-luna, orbite lunari e superficie della luna prevedibile per gli anni 2070.