• 25 Gennaio 2023

FUTURI 18 – Guerra e pace nel 2050

FUTURI 18 – Guerra e pace nel 2050

FUTURI 18 – Guerra e pace nel 2050 725 1024 Roberto Paura

Di Publio Vegezio Renato, aristocratico romano vissuto tra il IV ed il V secolo dopo Cristo, non ci sono pervenute molte notizie. Di lui è nota tuttavia un’opera, Epitoma rei militaris, in cui è presente la frase “Si vis pacem, para bellum”: se vuoi la pace, prepara la guerra. A oggi, una delle frasi latine più famose: diffusissima anche in Rete, dove Vegezio è probabilmente uno degli autori classici più citati – sia pure, temo, inconsapevolmente. Molti gli utenti che scelgono la sua frase più nota come motto personale, auto-rappresentativo. Al di là della paradossale fortuna di Vegezio in Rete, quello che in questo contesto ci interessa è come venga illustrato, nella meravigliosa sintesi del latino, uno dei primi esempi di anticipatory approach della storia.

Se anticipare significa, infatti, mettere a punto azioni, strategie che permettano possibili futuri sviluppi degli eventi considerati desiderabili – sia in senso positivo (prendere decisioni perché qualcosa accada), che in senso negativo (prendere decisioni perché qualcosa non accada) – è fuori discussione che la guerra sia, tra tutti i possibili eventi non desiderabili, probabilmente uno dei meno desiderabili in assoluto. Tant’è che in questi ultimi decenni la guerra viene chiamata “guerra” solo da chi non ne è direttamente coinvolto. Al contrario, le nazioni che intraprendono (o sostengono) azioni di guerra ne parlano in termini di “missioni”: di liberazione, di pace, di libertà, di difesa della democrazia…Viene associata, insomma, alla missione un concetto comunque lontano dall’idea di morte e distruzione che ogni guerra porta inevitabilmente con sé.

Per il peso che ha sui destini dell’umanità, il tema della guerra non può non interessare i Futures Studies. Si può, peraltro, affermare senza tema di smentite che la nascita dei Futures Studies si intreccia, dal punto di vista storico, con la guerra. La disciplina vede infatti la luce nel contesto della Guerra Fredda, nella delicatissima e fragile situazione geopolitica che seguì la fine della Seconda Guerra Mondiale. Fu in questo clima di incertezza che la comunità internazionale (soprattutto nel contesto scientifico ed intellettuale) prese atto di come una scienza che aveva prodotto la bomba atomica non potesse più essere considerata uno strumento esclusivamente al servizio del bene dell’umanità, ma anche la possibile causa della sua distruzione – e di come i rapporti non sereni tra le due nuove potenze mondiali emerse dal conflitto, l’Unione Sovietica e gli USA, potessero portare ad un nuovo, probabilmente fatale, conflitto. L’accorato appello del Manifesto Russell-Einstein è del 1955.

Fu quindi il timore di una Terza Guerra Mondiale la spinta che fece nascere, negli USA, un think-tank come la Rand Corporation. Contesto, questo, in cui furono messe a punto nuove tecniche di indagine rivolte ai futuri possibili (ad esempio, gli scenari, il Delphi). Negli stessi anni va collocata la riflessione filosofica europea su cosa fosse il futuro, se ci fosse un solo futuro possibile: tra gli autori più importanti, Bertrand De Jouvenel e Gaston Berger teorizzarono l’uno la conjecture, l’altro la prospective, mentre in Italia Nicola Abbagnano rese, teorizzando l’Esistenzialismo Positivo, un ruolo attivo dell’uomo nella storia. Da una guerra – e dal timore di una nuova guerra – nasce dunque l’avventura scientifica della disciplina di cui FUTURI è portavoce. Non potevamo non dedicare un numero a questo argomento. Numero pensato prima del febbraio 2022, data dell’inizio del conflitto russo-ucraino – e probabilmente ispirato da alcuni temi emersi nel corso del Convegno della World Futures Studies Federation, a ottobre 2021. In quel contesto, più voci avevano parlato della possibilità di una guerra a breve termine. Le ipotesi si sono verificate, ma limitarsi a constatare cosa avviene nel presente non è la missione dei Futures Studies, che debbono guardare più in là. Nei futuri per i quali si può ancora agire.

Gli ultimi eventi hanno nuovamente posto l’umanità di fronte alla possibilità di una guerra mondiale – e mai come in questo momento ha senso parlare di incertezza. I Futures Studies tornano, con i saggi presenti in questo numero, alle loro origini, ma spostando il riferimento temporale ad un futuro non troppo lontano, il 2050. Se allora ci sarà una guerra, chi la combatterà, e come; quali saranno le strategie di comunicazione rivolte ai cittadini; a che livello territoriale arriverà: possiamo pensare a una terza guerra mondiale, oppure a tanti conflitti sparsi, come già oggi quelli che coinvolgono anche la “pacifica” Europa?

Parlare di guerra significa parlare, chiaramente, anche di pace: quali saranno le strategie possibili per evitare nel 2050 un conflitto che potrebbe essere disastroso per la storia umana? Perché siamo convinti che la guerra – e tutte le sue implicazioni demografiche, economiche, sociali, culturali, tecnologiche – debba avere nei Futures Studies, ed in particolare nell’anticipazione, un suo fondamentale antagonista.